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Coronavirus e ecommerce: il futuro del commercio è stato scritto

Articolo di Ilaria Cazziol

Ecommerce e coronavirus si è rivelato un binomio vincente per affrontare le difficoltà di un anno di pandemia, non solo per i clienti ma anche per i commercianti.

In quasi tutti i settori l'impatto del COVID-19 è stato forte, ma in pochi come nel commercio sarà probabilmente così drastico e duraturo.

Ma cosa ci aspetta il futuro? Quando si potrà nuovamente uscire e interagire senza paura, potremo lasciare alle spalle i cambiamenti portati dal Coronavirus per tornare alle nostre abitudini?

In certi casi, come nel commercio, probabilmente la risposta alla domanda sopra è semplice: no. 

Un po' come è stato per il lavoro da remoto, che ha mostrato innegabili vantaggi e difficilmente potrà tornare ad essere chiuso nel cassetto, così è probabile che il cambiamento che abbiamo vissuto in questi lunghi mesi sia permanente o quasi, almeno in ambiti come lo shopping.

Difficile infatti rinnegare gli indubbi vantaggi dell'ecommerce: oltre alla sicurezza personale, la velocità, la possibilità di confrontare i prezzi, di leggere recensioni, di scoprire brand e negozi inediti, magari con valori più allineati ai nostri.

Questo vale tanto per i clienti quanto per i commercianti, che nonostante tutte le difficoltà hanno potuto trovare nei negozi online, siano essi di proprietà, su un marketplace come Amazon o in dropshipping, alleati essenziali per sopravvivere alla pandemia. L'ecommerce ha permesso a molti di continuare a lavorare anche quando non si poteva uscire di casa, di restare vicini ai propri clienti, a volte addirittura di incrementare il fatturato.

Non sorprende infatti che i nuovi negozi creati sulla piattaforma Shopify siano cresciuti del 71% nel 2° trimestre 2020 rispetto al 1° trimestre 2020, con un numero record di nuovi iscritti nel 3° trimestre.

Insomma, il futuro dell'ecommerce è stato scritto quest'anno, come è evidente dal titolo del report firmato Shopify che ha analizzato i maggiori trend internazionali e locali, per cercare di prevedere quelli futuri e dare indicazioni concrete ai suoi merchant e non solo.

Ma cosa possiamo aspettarci dai prossimi mesi e anni? Se questo cambiamento è qui per restare, come possono i commercianti italiani non limitarsi ad adeguarsi a esso, ma cavalcarlo e trovare il successo in questo nuovo mondo?

Siamo qui per scoprirlo insieme: prendiamo quindi la nostra sfera di cristallo, alimentata a dati e statistiche, e vediamo di prevedere il futuro del commercio.

Ecommerce e Coronavirus: chi sono i nuovi consumatori digitali?

L'impatto sui negozi fisici di un anno di pandemia è tuttora drammatico. Quelle che dovevano essere poche settimane di chiusure sono diventate mesi, intervallati da spiragli di apertura e nuovi inasprimenti dei limiti, e ad un anno di distanza è ancora difficile vedere quando effettivamente la situazione potrà tornare sul serio alla normalità.

Il 65% dei consumatori dichiara di aver continuato quando possibile a fare acquisti nei negozi fisici durante la pandemia, anche se meno rispetto al passato (38%), ma questo numero impallidisce contro l'84% di quelli che li hanno fatti online.

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Ma il vero cambiamento è avvenuto nella testa e nelle abitudini: la paura del contagio ha probabilmente contribuito alla spinta verso il commercio elettronico molto più di quanto abbiano fatto le chiusure del governo.

Oltre la metà (53%) dei consumatori infatti negli ultimi sei mesi ha evitato gli orari e le situazioni di maggiore affollamento nei negozi, e il 46% ha dichiarato di sentirsi a disagio a fare acquisti di persona.

CORONAVIRUS ECOMMERCE impatto italia

Un trend che non sembra destinato a estinguersi con la pandemia, secondo gli stessi intervistati: il 79% dei consumatori ha affermato che continuerà regolarmente a fare acquisti online anche in futuro.

Se questa è la situazione globale, l'Italia nello specifico non è da meno: il nostro Paese è al quarto posto per numero di persone che hanno indicato un grande impatto del COVID-19 sulle loro abitudini di acquisto (61%), dopo solo Regno Unito, Spagna e Nuova Zelanda. Rispetto ad altri Paesi, comunque, sono in meno quelli che si sentono a disagio nei negozi ora (39%).

Alto anche il numero di persone che, durante la pandemia, ha provato per la prima volta a fare acquisti online: il 4%, probabilmente una percentuale che riflette ampiamente la nuova tendenza anche nelle generazioni più anziane.

Erano questi infatti quelli che dovevano superare lo scoglio maggiore, quello del "comprare senza toccare", a cui sono stati spesso obbligati in questi mesi di blocco. I consumatori più giovani invece si trovavano in una situazione semplificata, già abituati da tempo a svolgere qualsiasi attività con uno smartphone.

Sono loro infatti che dominano il trend, con il 67% in più di acquisti online rispetto all’inizio dell’anno tra gli under 35 — aumento che supera quello delle fasce di età più grandi (del 57% per i consumatori di 35-54 anni e del 41% per gli over 55).

Sono sempre loro i più inclini a usare i social network per lo shopping: in Italia il 26% degli under 35, 19% per 35-54 e 12% per gli over 55.

negozi indipendenti coronavirus ecommerce

Ma, contrariamente a quanto molti sembrano pensare, non è una corsa all'ultima moda la loro:

  • Il 54% degli under 35 acquista da negozi indipendenti (dopo averli scoperti sui social, ovviamente), contro il 43% dei consumatori di età media (35-54 anni) e il 25% per quelli di età più avanzata (over 55).
  • Il 62% dei primi preferisce acquistare prodotti sostenibili ed ecologici (contro rispettivamente il 53 e il 44%).
  • Il 32% dei giovani che ha acquistato da negozi indipendenti dichiara di averlo fatto per produrre un impatto positivo sulla società (mentre sono solo il 28% e 23% rispettivamente quelli di età superiore).

Saranno quindi loro a trainare il futuro del commercio, sia nei modi che nei tempi. Ma soprattutto a contribuire alla conformazione di quello che sarà il rapporto tra fisico e digitale, che si confermerà sempre di più in ottica phygital e finirà in realtà per portare vantaggi anche ai negozi locali.

Statistiche acquisti online in Italia: come la tecnologia può supportare i negozi

Ma non pensare che sarà solo digitale, il futuro. Né che i negozi fisici siano destinati a scomparire. La realtà è probabilmente più complessa di così, e non è totalmente a sfavore della fisicità.

Di nuovo, come succederà per il lavoro, è probabile che i modelli che si affermeranno di più siano quelli ibridi: in cui il digitale sopperisce alle mancanze del fisico, ma non lo sostituisce del tutto perché non può e non potrà mai farlo.

Certo, sarà necessario un certo grado di intraprendenza, ma se c'è una cosa che i commercianti hanno dovuto imparare durante la pandemia è proprio questa: infatti adattandosi con nuove strategie e tecnologie alle mutate abitudini di acquisto dei consumatori, i dettaglianti Shopify hanno rimpiazzato con le vendite online il 94% delle vendite locali (POS) perse nelle prime sei settimane della pandemia.

tecnologia e negozi nel coronavirus ecommerce

In particolare ci sono riusciti sfruttando le tecnologie in 3 ambiti:

  • Pagamenti contactless: a fronte di una nuova consapevolezza relativa all'igiene di oggetti come le banconote, e con il 62% dei consumatori che si dichiarano più propensi a pagamenti digitali, rispetto allo stesso periodo del 2019 il numero di negozi che offrono pagamenti contactless su Shopify è aumentato del 122% durante la pandemia.

  • Appuntamenti in negozio: in Italia più che in qualsiasi altro Paese, un sorprendente 66% di intervistati si sono dichiarati interessati alla possibilità di fissare un appuntamento per visitare i negozi. E molti store si sono rivelati attenti, introducendo questa possibilità anche con app (come Poste Italiane) o altri strumenti.

  • Opzioni alternative di ritiro o consegna: se la maggior parte dei consumatori durante la pandemia ha ricevuto la merce acquistata online con spedizioni tradizionali, c'è comunque molto interesse verso modalità ibride come il ritiro in negozio (23%) o in un punto di ritiro (21%).

In particolare i metodi alternativi di consegna permettono di ottenere vantaggi non solo dal lato consumatore ma anche da quello del commerciante. Sono state infatti riscontrate delle ricadute positive su spesa media (23% in più) e sul riempimento del carrello (+25%). Inoltre il ritiro e la consegna locale impattano positivamente sul tasso di conversione (+15% e +19%, rispettivamente).

Insomma, ci sono evidentemente dei vantaggi da cogliere in questo binomio Coronavirus-ecommerce per i commercianti che abbiano l'intraprendenza necessaria a provarci.

Ma è anche vero che la concorrenza sui mercati digitali è spietata. Con Amazon a farla da padrone, che addebita commissioni spesso insostenibili per i piccoli shop online, sembra che ci sia poco da stare allegri.

Poco consola il fatto che ad esempio Google abbia permesso di vendere gratis attraverso gli strumenti che offre: per molti la battaglia sembra essere persa in partenza, una sfida Davide contro Golia senza lieto fine possibile.

Quello che non tengono in conto è la potenza del posizionamento per i negozi indipendenti.

Acquisti online e coronavirus: le armi segrete degli ecommerce indipendenti

coronavirus ecommerce sostegno ai negozi indipendenti

La verità è che il tema del sostegno ai piccoli negozi e agli shop indipendenti è ben chiaro nella testa dei consumatori, in generale e ora con la pandemia più che mai.

In Italia, il 64% delle persone dichiara di voler sostenere questo tipo di realtà, ad esempio. Addirittura, il 54% cerca attivamente alternative piuttosto che acquistare sui grandi marketplace.

Alla fine però, solo il 16% lo ha fatto effettivamente nell'ultimo anno, online e in negozio. Perché questo gap? Principalmente ci sono 3 motivi:

  • Una più vasta scelta di prodotti
  • Prezzi più convenienti
  • Sicurezza dell'affidabilità

Certo, i negozi indipendenti non possono competere (o possono farlo poco) su questi 3 vantaggi, ma hanno tanto altro da offrire. Specificità che, appunto, sono precluse agli anonimi marketplace, quali:

  • Identità imprenditoriale: il 33% delle persone è disposto a pagare un premium price per sostenere cause che stanno loro a cuore, come business di famiglia, tradizionali, sostenibili, etc.
  • Unicità dei prodotti: secondo il 33% degli intervistati, la possibilità di acquistare prodotti unici è tra i fattori che spingono a evitare i brand di massa.
  • Qualità del servizio clienti: difficile competere con l'affidabilità di Amazon, ma cosa succede se si ha un problema con il prodotto? L'unica è restituirlo, perché riuscire a parlare con qualcuno è quasi impossibile. I negozi indipendenti possono invece giocare su questa loro prerogativa, importante per il 31% dei clienti.
  • Inoltre molti sono interessati a esperienze di acquisto personalizzate, elemento particolarmente rilevante in Italia con il 24% degli intervistati che ha manifestato questo interesse.

Oltre a questi elementi, ci sono tanti aspetti su cui i negozi indipendenti possono lavorare per aumentare il proprio vantaggio competitivo nei confronti delle grandi catene o dei marketplace.

l 75% dei merchant che ha generato vendite tra marzo e settembre offre la spedizione gratuita nel proprio negozio Shopify.

Così come l'interazione con il brand, il cosiddetto "commercio conversazionale" che sfrutta i social, i chatbot e altri elementi di interazione per essere vicino ai clienti, con vendite riconducibili alla chat aumentate del 185% nel primo periodo della pandemia.

In generale quindi le armi a disposizione degli ecommerce indipendenti sono sia quelle tecnologiche, che permettono di assottigliare il gap con i marketplace più all'avanguardia, sia soprattutto di branding.

I brand dovranno sempre più dimostrare autenticità, trasparenza e responsabilità, poiché i consumatori vogliono sostenere questo genere di cause.

coronavirus ecommerce sostenibili

Il semplice fatto di effettuare una donazione per una causa benefica, ad esempio, è per il 60% degli italiani motivo di maggiore sostegno, ponendoci al secondo posto dopo la Spagna per questo genere di sensibilità; siamo invece al primo (con il 67%) per quanto riguarda la preferenza per prodotti ecologici e sostenibili.

Quando la causa fa bene, insomma, non solo ai commercianti ma anche all'ambiente e al sociale.

Conclusioni: come sarà l'ecommerce dopo il Coronavirus?

Il futuro non è certo roseo: a più di un anno di distanza dall'inizio della pandemia, per quasi tutta l'Europa e molti altri Paesi nel mondo la parola "fine" non sembra ancora in vista.

Ma dall'altra parte, c'è luce anche nel mezzo del tunnel. I commercianti che hanno saputo reinventarsi e innovare hanno spesso visto ottimi frutti dal loro lavoro, e con soluzioni come Shopify che permettono di configurare il proprio ecommerce in modo indipendente e professionale senza necessità di competenze informatiche, il gap tra digitale e fisico si è ridotto enormemente.

Torneremo alla normalità, qualunque cosa questo significhi, ma ciò non vuol dire che tutto questo sarà lasciato alle spalle: i cambiamenti portati da Coronavirus e ecommerce sono qui per restare, e a uscirne vincitore sarà chi saprà adattarsi al meglio, trovando nuovi modi inediti di rispondere a vecchie necessità. 

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